Che cosa ti ha spinto ad intraprendere la tua professione?
Mi sono sempre interessato di capelli, della loro espressione nell’arte, nella moda, nella musica. Sin da giovane, quando ho conosciuto i primi punk, mods e rockers per le strade della fine degli anni ’70 a Belfast, ero ossessionato dai meravigliosi colori della gioventù ribelle. E lo sono ancora.

Come sono stati i tuoi primi anni lavorativi?
Era completamente diverso da adesso. Era un periodo buio e sconfortante in Irlanda e in Inghilterra negli anni ’80, c’erano poche opportunità per i teenager. C’era molto poco per cui guardare avanti, se non le lunghe file per l’ufficio dei sussidi. Fare il parrucchiere era un modo per evadere da queste situazioni, un’eccitante e vivace via di fuga per una nuova vita. Vivevo per lavorare, amavo la gente e la loro energia. Anche se all’epoca non c’era uno sviluppo come negli anni ’60, tutta una serie di innovative e creative opportunità si presentavano con nuovi colori, prodotti e, forse la più grande invenzione degli anni Ottanta, le extensions.
Da dove provengono le tue idee di stile? 
Quasi sempre da varie correnti di sottoculture giovanili e, di recente, dall’arte. La fine degli anni ’70 e gli inizi degli anni ’80 hanno avuto un profondo impatto su di me; anche se amo l’arte e il design dell’alta moda, sono più attirato dalle strade di New York, Londra e Berlino e anche dalla passione per la musica. Sono un progressista in tutti i sensi. Anche se guardo spesso nel mio passato, il mio obbiettivo resta sempre il futuro. Odio le parole “retrò”, “vintage” e “oldschool”. Nonostante la nostra eredità e patrimonio culturale siano fondamentali per un cambiamento nello sviluppo, dobbiamo continuare a crescere.
Chi ammiri di più nel tuo lavoro oggi?
Ammiro molte persone per diverse ragioni. Dal punto di vista della trasgressione ammiro Guido Palau, Eugene Souleiman e Laurent Philippon; condividono un’anarchia che rispetto ma comprendono, in ogni caso, la bellezza. Angelo Seminara è un visionario che va al di là di ogni aspettativa; la parola genio non è un termine che uso alla leggera ma gli si avvicina molto. In termini di capacità nel portare la passione dell’industria creativa in Inghilterra, Akin Konizi, Errol Douglas e il team Saco sono i migliori ambasciatori di questa eredità.
Dacci le tue previsioni riguardo le tendenze dominanti della stagione per i capelli.
C’è un ritorno delle texture. Che siano misurate, naturali o valorizzati, i capelli sono ritornati in vita; i tagli che stiamo facendo oggi mettono in risalto non solo la nostra abilità tecnica ma anche lo studio della persona. Forme geometriche, profili forti e frange definite vanno di pari passo con medie lunghezze e forme più morbide, meno decise, con frange centrali e linee frastagliate. I nuovi prodotti stanno giocando una grossa parte nella costruzione dello stile e sempre meno per l’effetto finale. Anche i tagli ad effetto sbarazzino stanno tornando di moda, simile al taglio che Sassoon fece alla famosa Mia Farrow, quelli non necessitano di pieghe e sui quali vengono utilizzati prodotti capaci di creare un effetto di noncuranza. Uno stile free che sta meravigliosamente su ragazze minute ma con lineamenti decisi. Mentre per i capelli lunghi vedo un effetto “quasi dritto” che gioca con diverse lunghezze, senza una linea di base fissa, centrato su una frangia tonda e spezzettata che può essere portata con qualsiasi lunghezza.
Come vedi cambiare nel futuro i tuoi stili?
Devono, semplicemente, cambiare. Tutti devono cambiare, me compreso. Gli elementi fondamentali restano gli stessi ma sono in costante sfida con me stesso nell’esaminare le mie tecniche e valutare se sto camminando sul filo del rasoio. Attualmente sto lavorando su un approfondimento della mia collezione “The Others”, che consiste nel spingere al limite le mie capacità in termine di cosa funziona e cosa è pratico.
Come ti mantieni aggiornato con le ultime tendenze creative?
Mi sembra che sia una naturale progressione. Stranamente, qualche volta stai lavorando su una cosa per poi accorgerti che anche gli altri stanno facendo qualcosa di simile alla tua visione. Questo accade spesso. Immagino sia un’ossessione, il costante desiderio di essere all’avanguardia così, spesso, mi prendo una pausa per guardare cosa succede nel mondo. È così facile restare bloccati nel proprio mondo. Leggo molto, amo guardare fotografie e immagini di qualsiasi genere, dalle riviste ai libri, alle pubblicità e ai dipinti. Amo osservare la gente, anche se non sono una persona molto socievole, soprattutto le persone ai margini della società.
Quali sono le differenze maggiori tra gli stilisti inglesi e quelli del resto del mondo?
L’Europa è sempre stata molto classica, con un certo tipo di glamor, con rifiniture impeccabili. Uno stile che trovi a Parigi, Madrid, Milano e Amburgo. Mentre l’Inghilterra è audace, forte, più individualista, con un atteggiamento, verso la moda, molto punk-rock. Questo spinge al limite sia il nuovo e l’innovativo sia il cattivo gusto e la disarmonia. Le acconciature inglesi, per me, sono le migliori al mondo anche se viaggiano su una linea di confine molto sottile, ma allo stesso tempo a livelli più alti.
Che cosa ti stimola di questa professione?
In termini creativi amo tutto di questo ambiente, l’arte, la creatività, la gente, la vita che ho grazie a quello che faccio e la possibilità di far sentire la mia voce in merito. Non potrei sognare una carriera migliore.
Qual è stata la tua filosofia guida?
Ho sempre avuto una buona etica lavorativa, credo fermamente che se aspetti le opportunità della vita poco ti sarà ricambiato. Inoltre, non credo nella fortuna. Per diventare un grande parrucchiere devi solo sacrificare il tuo tempo.
Di quali risultati vai più orgoglioso?
Ce ne sono così tanti: vincere per tre volte il “NI Hairdresser” dell’anno, essere inserito nella “BHA Hall of Fame”, essere un ambasciatore per i parrucchieri irlandesi. Sono stato, di recente, nominato membro del “Fellowship of British Hairdressers” e intendo fare la mia parte in tutto e per tutto. Ho talmente tante cose che devo e voglio ancora realizzare.
Qual è il tuo segreto per mantenere felici i clienti? 
La costanza, sorprenderli di continuo e fare in modo che abbiano sempre qualcosa di nuovo da aspettarsi per il prossimo appuntamento.
Quali sono i tuoi obiettivi personali per il futuro?
La mia passione è lo sviluppo creativo e l’istruzione. Siamo un piccolo team ma vorrei espanderlo per diventare un marchio riconosciuto in ambito educativo con un’accademia o una scuola con una base accademica. Di recente abbiamo prodotto un film per sponsorizzare l’ultima collezione, “The Others”. È stato molto apprezzato e capito, quindi vorrei produrne altri, lavorare con fotografi e registi per creare non solo grandiose acconciature, ma anche delle vere e proprie opere d’arte.
Ovviamente, vorrei esportare il marchio “Stafford” in America, dove abbiamo già molti sostenitori. Sto passando sempre più tempo da “Denman”, con il quale collaboro da oltre 20 anni e con “Unite”, una compagnia con cui da poco ho iniziato a lavorare, subito dopo essere stato invitato a far parte del loro “Global Session”, l’anno scorso, a San Diego. Mi sono innamorato del loro marchio, delle persone e sono felicissimo di poter dire che questa collaborazione, in America, probabilmente continuerà anche nel futuro.
Come vedi la donna di oggi?
La donna di oggi è forte, indipendente, individualista, socialmente impegnata e curiosa in tutto ciò che è attuale nel mondo e non facilmente influenzabile. Riesce a fare qualsiasi cosa e prende decisioni pragmatiche che avranno una conseguenza su se stessa e sulla sua famiglia. Non si accontenta del secondo posto, ma mette sempre gli altri prima di sé e delle sue necessità.
Quali sono le principali differenze tra un parrucchiere ed un acconciatore di successo?
Il tempo, semplicemente. I bravi parrucchieri hanno un talento naturale, ma spesso lo danno per scontato. Mentre, i parrucchieri fantastici non sono mai contenti del loro lavoro; sfruttano tutto il tempo che hanno, migliorano costantemente le loro capacità, senza neanche accorgersi del miglioramento, finché non sono gli altri che riconoscono la loro grandezza e talento.
Qual è il segreto del tuo successo?
Ho una insaziabile sede di conoscenza, sono una persona molto curiosa e ho una passione sfrenata per la creatività in tutto e per tutto. Mia moglie dice che ho un entusiasmo contagioso, una immensa passione e un impulso furioso.
Cosa ti dà maggiore ispirazione?
Difficile a dirsi; quando ero giovane volevo essere il migliore, poi, col tempo, essere riconosciuto. L’ispirazione è come un amico sfuggente; non c’è mai quando serve e ti può abbandonare proprio del bel mezzo di una fase creativa. Uso l’istinto al pari dell’ispirazione. L’istinto può essere molto stimolante, così mi affido molto su di lui, poi, tutto d’un tratto, la mia vecchia amica “ispirazione” si fa vedere e si prende tutto il merito.
Secondo te, è necessario viaggiare per rimanere al vertice della tua professione?
Sì, assolutamente necessario; la creatività è diversa in tutto il mondo. Amo vedere come le altre nazioni, città e persone creano acconciature. Questo è il nostro metodo per sviluppare e imparare cose nuove, anche se internet ci ha agevolato la vita, in ogni caso viaggiare è molto importante per aprire la mente a nuove idee.
Qual è il paese di gran lunga più avanti nel campo dell’acconciatura? 
L’Inghilterra è creativamente la più sviluppata, specialmente Londra, ma l’Australia sta facendo grandi passi avanti, mentre l’America è avanti anni luce in questo business. Anche l’Est Europa sta iniziando ad espandersi creativamente con l’apertura di salon all’avanguardia. Anche i Giapponesi stanno facendo nuove e interessanti cose.
Qual è stata la più importante soddisfazione che hai ricevuto nella tua carriera?
Non posso rispondere con una sola cosa, perché ricevo soddisfazioni in tutto quello che faccio: da un semplice taglio, al vedere uno dei miei assistenti diventare uno stilista, dall’osservare una mia collezione crescere su scala globale o semplicemente al chiudere la porta del mio salone il sabato sera. In Irlanda lavoro con una eccezionale casa produttrice di tinte la “ALFAPARF Milano” e recentemente ho tenuto dei seminari per loro chiamati “Meet the Master”. È un evento annuale che racconta e raccoglie, attraverso filmati dal vivo, gli alti e bassi della mia carriera durante l’arco di un anno. Al termine di qualche seminario mi capita di avere delle “standing ovation”; non sono sicuro se definirle appaganti ma, di sicuro, mi hanno reso molto umile.
Come dai nome ai tuoi stili?
Quando creo una nuova collezione il concetto, il tema e l’ispirazione vengono sempre al primo posto. Generalmente diamo un nome provvisorio alla collezione e da lì in avanti tutto vien da sé (generalmente). Il nome, di solito poi, non cambia. Con “The Others” era semplice, la collezione si basava su persone emarginate o persone al confine della normale società, individualisti all’estremo della vita con nessun desiderio di far parte del mondo, se non del proprio. Un progetto, sviluppato in tre giorni, molto profondo ma anche molto stressante. Il nome è rimasto lo stesso dall’inizio alla fine.
Com’è la relazione con i tuoi collaboratori?
Penso di essere un abile leader. Sono bravo a delegare, lavoro con i loro punti di forza e lascio loro molta liberà creativa, ma sempre indirizzandoli. Invece per quanto riguarda spettacoli, reportage o seminari, sono molto severo e ho sempre l’ultima parola su tutto, soprattutto perché sento una grande titolarità ma anche per una mia più ampia esperienza. Sono il team leader ma non sono ingiusto, rispetto il mio team e cerco di ascoltarli e dargli consigli in base alla mia esperienza. I miei collaboratori sono dedicati e talentuosi, ma hanno bisogno di essere direzionati e di maturare. Abbiamo un ottimo rapporto all’interno del gruppo. Per la maggior parte del tempo.
Perché l’hairstyle è considerato la Cenerentola delle arti e l’opinione generale delle persone riguardo gli acconciatori non è così favorevole?
Spero che questa idea generale cambi, ma in verità questa industria, come per la moda, avrà sempre i suoi lati positivi e negativi. Il business è come molti altri, grossomodo si tratta di soldi, desiderabilità e aspirazioni. All’inizio queste cose sono molto importanti, poi man mano che vai avanti valgono sempre meno. L’idea che i parrucchieri non siano riconosciuti non è vera, ma se dobbiamo essere onesti, solo i migliori dovrebbero essere riconosciuti. Non dico che gli stilisti in giro per il mondo non stiano facendo un ottimo lavoro, dico solo che stanno semplicemente facendo il loro lavoro. In molti casi è esclusivamente un lavoro. Il fatto che questo settore venga, a volte, definito come “ultima spiaggia” in termine di carriera è generato da consulenti poco informati. E’ ancora una bellissima strada da intraprendere per quelli, come me, che hanno una carriera accademica limitata, ma dall’altro lato una passione per la creatività.
Quanto spesso vengono da te i tuoi clienti?
Io mi occupo dei tagli ai clienti, quindi li vedo ogni otto settimane, dipende dal mio piano organizzativo. Sono fuori dal salon circa due settimane al mese, quindi è come essere un giocoliere. Vedo tra gli otto e i dieci clienti al giorno e quando sono a casa lavoro nel salone quattro giorni la settimana.
Immagina che ti venga chiesto di dividere i tuoi clienti in categorie: qual è la categoria che ti dà maggiore soddisfazione nel lavoro?
I miei clienti sono professionisti, audaci, brillanti, acculturati e giovani soprattutto di spirito. Ecco, mi sembra di descrivere me stesso. Il cliente più appagante, però, è quello che si affida a te completamente, perché così si apprezza di più il rapporto, essendo completamente basato sulla fiducia, oltre ad ottenere un risultato finale migliore.
Pensi che oggi sia più importante per una donna essere ben vestita o avere una buona acconciatura?
Non so se esiste una risposta giusta o sbagliata, ma mettiamola così: se le priorità di una donna sono più portate verso una borsa o per delle scarpe che verso un taglio perfetto, allora ha le priorità sbagliate.
Qual è il tuo messaggio per “Queen International”?
Il mio messaggio è semplice: ho più soddisfazioni nel sorriso di una cliente che non nella mancia che mi lascia. Raramente, però, uno arriva senza l’altra.