Niente a lieto fine
A cura di Alessandra Piubello
Mentre il mondo sembra impazzire sempre più ogni anno che passa, anche il cinema riflette l’immaginario collettivo di una realtà in cui il cinismo non ha ancora ucciso del tutto i sogni, ma certamente ha messo una seria ipoteca sulla speranza nel futuro. Molti dei film visti a Venezia sono uniti da questo filo rosso: l’impossibilità di credere nelle favole di una volta, nel “vissero per sempre felici e contenti” (o l’equivalente americano “everything is going to be alright” [andrà tutto bene] ripetuto come un mantra nelle pellicole a stelle e strisce).
Sarà che viviamo nell’epoca post-11 settembre (ormai sono quindici anni), sarà la crisi economica e il riscaldamento globale, sarà il secondo principio della termodinamica o la legge di Murphy… fatto sta che nessuno è più convinto che le cose andranno sempre per il verso giusto. Anzi, più facile che accada il contrario. Il film di apertura della Mostra è in questo senso emblematico. La La Land, di Damien Chazelle, è un musical come se ne facevano una volta. La scena inziale – canti e balli in mezzo al traffico mattutino – è un inno alla vita, alla gioia, a dispetto delle difficoltà quotidiane.
Emma Stone è un’aspirante attrice delusa dai mille provini andati a vuoto, Ryan Gosling è un musicista jazz che non vuole vendere la sua anima al dio denaro. Insieme formano una coppia improbabile e buffa, che sta insieme per puro accidente. Ed ecco la novità: alla fine rompono la relazione, hanno successo ognuno per conto proprio e si ritrovano a distanza di tempo solo per immaginare come sarebbe stata la loro vita se fossero rimasti insieme, senza arrendersi alle avversità. Ma è un sogno a occhi aperti. La realtà (e con essa la finzione) è diversa. Puoi fare carriera, ma devi rinunciare al vero amore. Niente più lieto fine.
Lo si capisce anche in Arrival, di Denis Villeneuve. Amy Adams è una linguista reclutata dal governo per decifrare il linguaggio dei misteriosi alieni eptapodi giunti sulla Terra da chissà dove per chissà quale motivo. Il loro aspetto mostruoso e la loro lingua incomprensibile con tanto di scrittura ideogrammatica mettono a dura prova la studiosa, tormentata dai ricordi di una figlia morta a causa di una rara malattia. Quando la Cina e le altre nazioni minacceranno di scatenare la guerra dei mondi, lei troverà la forza di scoprire e accettare la verità, un segreto sconvolgente che riguarda la possibilità di vedere il futuro. La domanda da porsi è: avrà la forza di compiere determinate azioni sapendo in anticipo quale ne sarà il tragico epilogo?
Ritroviamo la bravura e la bellezza di Amy Adams anche in Nocturnal Animals, di Tom Ford. Qui è una donna algida che gestisce una galleria di arte contemporanea. Sposata con un uomo bello ma fedifrago, riceve inaspettatamente dall’ex marito il manoscritto del suo primo romanzo. La lettura si rivela appassionante: una famiglia in viaggio si trova aggredita da alcuni bruti che rapiscono e uccidono moglie e figlia di Jake Gyllenhaal, il quale si salva per miracolo e si rivolge alla polizia. L’uomo è l’alter ego dello scrittore, il quale ha proiettato sul personaggio le accuse di vigliaccheria mossegli dalla moglie. Attraverso il libro e la vendetta che lo suggella si consumerà anche la rivalsa del coniuge abbandonato.
Anche l’Italia affronta il tema del matrimonio, dei figli e della famiglia con il divertente Piuma, di Roan Johnson. Ferro e Cate sono una coppia di ragazzi romani che aspettano un figlio. Nonostante la giovane età – sono alla fine della scuola superiore – i due sembrano decisi a non abortire e a crescere essi stessi la bambina che vorrebbero chiamare Piuma, per aiutarla ad affrontare la vita con leggerezza. Mentre lei ha una famiglia disastrata, padre separato, traffichino e ludopatico, lui può contare sull’appoggio della madre, anche se il padre è insofferente e vorrebbe trasferirsi recidendo il cordone ombelicale (e i cordoni della borsa). Dopo esilaranti scene comiche, giungeranno alla consapevolezza che il loro futuro è precario, pur contenti delle proprie scelte.
La felicità non sfugge solo ai poveracci, ma anche ai potenti: Jackie, di Pablo Larraín, vede Natalie Portman nei panni della vedova di John Fitzgerald Kennedy una settimana dopo il tragico assassinio di Dallas. Dietro la bellezza e l’eleganza di una donna che ha incarnato il mito americano si nascondono le ombre delle promesse non mantenute, i dubbi di fede e il desiderio di lasciare un ricordo indelebile di un uomo strappato alla vita troppo presto.
Alle prese col potere anche il protagonista di The Net, di Kim Ki-duk, pescatore al confine tra le due Coree, suo malgrado imbrigliato come uno dei suoi pesci nella rete dello spionaggio, del capitalismo e della dittatura. Come pensare di uscirne vivo? Una risposta alla guerra ce la dà Emir Kusturica nel surreale On the Milky Road: vivere ogni giorno come fosse l’unico, con la gioia e il sorriso, in armonia con la natura e gli animali, amare ed essere amati… e ricordare le persone care che purtroppo ci lasciano.
Paolo Sorrenti